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Salvo era seduto sotto al patio, il sole stava tramontando e una leggera brezza donava un po' di refrigerio alla calura estiva. Aveva somministrato un sonnifero alla moglie e l'aveva accompagnata a letto, teneva la testa tra le mani e lo sguardo perso nel vuoto, gli occhi arrossati dal pianto. Nanette si sedette vicino a lui, il viso pallido, contratto dal dolore.
«Devo parlarti» gli disse. «Sapevi che tuo nonno Pasquale, da giovane, era innamorato di Felicina, una ragazza piemontese che potrebbe essere la mia bisnonna?»
Salvo alzò la testa senza capire cosa gli stesse chiedendo, stette in silenzio per alcuni interminabili minuti e improvvisamente gli tornarono alla mente gli ultimi attimi trascorsi al capezzale del nonno.
«Prima di morire mi disse di chiedere un'indulgenza plenaria per perdonare i suoi peccati, e la zia Concettina mi raccontò che quando andarono a Torino per il mio battesimo, il nonno Pasquale aveva incontrato una sua cara amica di gioventù. Disse anche che in quel periodo era insolitamente nervoso e insieme a mio padre decisero di farlo rientrare in Sicilia perché l'aria di Torino non gli faceva bene. Il nonno mi rivelò di aver nascosto dei quaderni in un vecchio baule su cui aveva scritto il suo tormento. Io non ho mai avuto il coraggio di aprirlo.»
«Ho trovato un baule in fondo al magazzino con dei quaderni, allora se sei d'accordo lo porto con me, voglio scoprire cosa è successo.»
«Se tu hai il desiderio di leggerli prendili pure.»

Capitolo 1
Le Vacanze
Era agosto, le cugine Juliette, Nicole e Nanette, stavano programmando la meritata vacanza con i mariti e i figli in Sicilia....
...... Quando l'aereo atterrò a Palermo, i mariti erano già nel posteggio dell'aeroporto ad aspettarle. Le famiglie si ricongiunsero, erano le 19:00 e occorreva far cenare e distrarre un po' i bambini prima di riprendere il viaggio in macchina fino a Campo di Mazara.
Arrivarono a Campo di Mazara verso le 22:00, i bambini durante il viaggio si erano addormentati.
Al mattino successivo le cugine si occuparono dell'organizzazione della casa.

I padri con i bambini andarono alla spiaggia di Triscina, vicino a Selinunte, un'antica città famosa per il suo parco archeologico, uno dei più grandi e ben conservati del Mediterraneo, ...
....... Sulla spiaggia Luca, il marito di Nanette, incontrò Clara, una vecchia amica dei tempi della sua adolescenza.....
..... Avevano frequentato lo stesso liceo, avevano condiviso i primi turbamenti giovanili, le prime palpatine, i bacetti, le slinguatine fino alla loro prima volta, impacciati e tesi come tutti gli adolescenti (omissis).
.... L'incontro risvegliò in entrambi vecchi ricordi: chiacchierarono delle serate trascorse mano nella mano a guardare le stelle cercando l'Orsa Maggiore o Cassiopea, delle gite al mare con gli amici,......
...... Luca abbracciò Clara e cominciò ad accarezzarla, le infilò una mano sotto il vestito, risentire la sua pelle morbida gli fece ribollire il sangue, continuò ad accarezzarla mentre lei ansimava vogliosamente, poi le sfilò le mutandine del costume e la prese. ................
Per tutta la settimana Luca continuò con le sue uscite serali,
Quando arrivò Clara era nella cucina, il chiosco era attrezzato con un fornello alimentato da una bombola a gas, dove venivano cucinati i pesci pescati nella notte, su cui aveva posizionato una pentola per bollire dell'acqua. Accese il gas.
Luca la raggiunse da dietro e le cinse la vita, baciandola sul collo. Le tolse la maglietta stringendole i piccoli seni, i pochi vestiti caddero per terra, la spostò contro il tavolo e la prese da dietro, ansimarono finché non caddero esausti sul pavimento. Rimasero così abbracciati per un tempo interminabile.
Intanto l'acqua, raggiunto il bollore, era fuoriuscita dalla pentola, facendo spegnere la fiamma. Nel chiosco si era diffuso un acre odore di gas, ma i due ragazzi non percepirono nulla, la puzza del pesce copriva gli altri odori.
Al mattino, alle 6:00, arrivarono i pescatori di rientro dalla pesca notturna. Scesero dalle loro barche e si avviarono verso il chiosco per depositare le ceste con i pesci. Avvicinandosi trovarono la porta socchiusa.
«Ieri sera Clara si sarà dimenticata di chiudere la porta… ah questi giovani innamorati hanno sempre la testa fra le nuvole» disse un anziano pescatore.
Quando scostarono la porta ed entrarono li trovarono così: abbracciati sotto il tavolo, inermi.
«Cùosa e successu cca rintra» (cosa è successo qui dentro) urlò il pescatore.
Un forte odore di gas gli chiuse la gola, spalancò tutta la porta e sollevo la serranda del chiosco per far entrare l'aria, poi si avvicinò ai due ragazzi stesi per terra, tastò prima il polso di Clara e poi quello di Luca, provò a rianimarli, ma ormai era troppo tardi, erano freddi, la morte li aveva raggiunti senza che se ne accorgessero....... (omissis)
................ Le cugine, intanto, si stavano preparando per fare ritorno a Campo di Mazara. Nicole uscì nel cortile per chiamare Diego quando sentì un rumore provenire dal magazzino in fondo al cortile, si diresse a vedere cosa stesse succedendo e vi trovò il bambino.
«Cosa ci fai qui? Chi ti ha detto di entrare?» gli urlò la madre.
«Niente, ho visto un pallone su quello scaffale e volevo tirare due calci, mi sono arrampicato su quella scala e quel baule è caduto, ma non l'ho fatto apposta, scusami.»
Nanette, sentendo la cugina urlare, uscì insieme a Juliette e si avviarono verso il magazzino da cui provenivano le urla. Vide Nicole con Diego.
«Cosa è successo?»
«Scusa, Diego ha visto un pallone e per prenderlo ha rovesciato un baule.»
Nanette fu colta da un'insolita curiosità che non riuscì a trattenere, fu attratta da quell'antico baule di pelle a strisce rosse e marroni. Si avvicinò e lo aprì.
All'interno c'erano vecchie fotografie in bianco e nero, ormai sbiadite, sicuramente scattate con macchine fotografiche vintage. Su una foto si scorgeva un castello.
Juliette disse: «Non sembra anche a voi che questo sia il castello dove vi siete sposati?» Le ragazze si passarono la foto.
«Sì sì, è il castello del nostro matrimonio» disse Nanette, «ma cosa ci fa qui una foto di un castello del Piemonte?»
In primo piano sulla foto c'era una ragazza e sul retro una scritta: "Felicina, Castello 1920".
Le ragazze si scambiarono uno sguardo interrogativo.
Erano sicure che quello fosse il castello dove Nanette e Luca avevano celebrato il loro matrimonio e Felicina era il nome della loro bisnonna.
Nanette prese il baule e rovesciò tutto il contenuto per terra. C'erano altre fotografie e dei quaderni in pelle nera legati con uno spago. Li aprirono e cominciarono a leggere le prime righe.
Castello 1920 – Ho accompagnato il Cavaliere in Piemonte per una esibizione musicale e lì ho visto la ragazza più dolce e sensibile che mai abbia incontrato nella mia vita. Si chiama Felicina, è la figlia del fattore del Conte Carlo, l'amico del mio padrone, il Cavaliere Emanuele, che qui a Vizzì trascorse molti anni della sua giovinezza […]
Per la prima volta nella mia vita mi sono innamorato. Questa ragazza dagli occhi azzurri come il mare e l'animo sensibile ha rubato il mio cuore, sento un amore profondo che non avevo mai provato prima […]
Alle cugine mancò il respiro.
Uscirono fuori, incredule. Nanette negli anni passati aveva trascorso parecchie settimane durante l'estate a Vizzì, ma non aveva mai sentito parlare di un nonno innamorato di una signorina piemontese.
Prese il baule con tutto il suo contenuto e lo caricò in macchina, voleva leggere tutti i quaderni e scoprire cosa fosse successo

Capitolo 2
Ritorno a casa
Le cugine, tornate dalla Sicilia sconvolte dopo i tragici eventi, avevano bisogno di un po' di tranquillità, così la domenica successiva andarono in campagna dal nonno Renzo-Pasqualino. La casa era situata nelle Langhe, le colline meridionali del Piemonte ... (omissis)
Nanette faceva fatica a riprendersi, era agitata, camminava senza sosta stringendosi al petto il quaderno ritrovato nel baule a Vizzì, quasi come se quel vecchio manoscritto potesse svelarle la verità sulla morte del marito....(omissis)
"Ma che uomo ho sposato? Possibile che in più di dieci anni in cui siamo stati insieme non mi sia accorta di che uomo fosse? Eppure gli amici lo sapevano, solo io non volevo vedere… Perché… perché…" Questa era la domanda che si ripeteva in continuazione e non le dava pace (omissis)
Dopo colazione si ritrovarono tutte in sala da pranzo, dove avevano riposto i quaderni e le foto del baule ...(omissis)
Nanette prese il primo quaderno e iniziò a leggere, mentre Juliette, Nicole e la nonna facevano ricerche su Internet per ricostruire il periodo storico. Bianca ascoltava e batteva sui tasti del computer.
Pasquale - Vizzì, Sicilia 1920
Il Cavaliere Emanuele era un nobile di Vizzì in Sicilia, grande musicista e pianista, scrisse e suonò molte messe cantate, tra cui quelle che venivano eseguite durante la Settimana Santa in onore dell'Addolorata.
Era una giornata soleggiata e soffiava una brezza fresca, preludio della primavera alle porte. Pasquale camminava a passo svelto verso il Palazzo, perché era stato convocato urgentemente dal Cavaliere. (omissis)
Il Cavaliere si rivolse a Pasquale.
«Tu conosci la mia fama di musicista, la città di Alessandria in Piemonte mi ha invitato a esibirmi in un concerto nella Cattedrale di San Pietro. Verrà organizzata una commemorazione in occasione dei festeggiamenti per la fine vittoriosa della Grande Guerra con l'inaugurazione in Municipio di una targa recante il Bollettino della Vittoria, il cui testo è inciso con lettere in bronzo ricavate dalle artiglierie catturate al nemico. Sarà presente anche re Vittorio Emanuele III e successivamente egli e le autorità si recheranno nella Cattedrale per assistere alla messa cantata.»
«Certo che conosco la sua fama, le sue esibizioni richiamano sempre un folto pubblico e sono davvero emozionanti.»
«Non sono più giovane, il mio cuore è debole, il viaggio è lungo e faticoso, mi sentirei più tranquillo se tu mi accompagnassi.»
«Certo, sono onorato della richiesta di vossignoria, e con grande piacere che vi accompagnerò in questo lungo viaggio.» (omissis)
Il Cavaliere e Pasquale partirono da Vizzì a fine aprile. (omissis)
Scesi dalla nave, sulla banchina, trovarono ad aspettarli un cocchiere con una carrozza inviata dal Conte Carlo, tenutario del castello che distava pochi chilometri da Tortona, vicino ad Alessandria, dove sarebbero stati ospitati durante la loro permanenza in Piemonte. (omissis)

Capitolo 3 -
L'amica Sara
Era il primo weekend di settembre, le cugine e la zia erano tornate alla casa dei nonni intenzionate a continuare la loro ricerca.
Faceva ancora caldo, era iniziata la vendemmia delle dolci uve Moscato con il loro caratteristico colore giallo oro e per le strade si sentiva solo il rumore dei trattori che trasportavano dalle vigne alle cantine i grappoli d'uva per la pigiatura. In paese non c'era anima viva, tutti erano impegnati nella raccolta affidata principalmente a operai stranieri provenienti dall'Est.
Era arrivata anche Sara, l'amica del cuore di Nanette.
I bambini erano saliti sullo scivolo della piscina, ridevano e si divertivano a lanciarsi gli schizzi d'acqua. Sara era sdraiata sul lettino, uno schizzo la raggiunse e le bagnò tutto il viso, si mise a ridere ma poi una celata tristezza la assalì. Anche lei avrebbe voluto avere dei bambini con la sua compagna Anna, ma la situazione era molto complicata.
(Omissis) Si rivolse a Nanette, seduta accanto a lei, e le esternò le sue preoccupazioni in preda a una crescente agitazione.
«Sono ormai due anni che Anna e io viviamo insieme, ma la convivenza è sempre più difficile. Quando ho comunicato ai miei genitori che sarei andata a convivere con lei, e gli ho chiesto se potevo ristrutturare il bilocale che avevano in centro, loro mi hanno dato la loro approvazione a condizione che pagassi io i lavori di risistemazione. (omissis)
Con le donne posso parlare ed essere compresa, cosa che con gli uomini è dannatamente difficile, parliamo un linguaggio diverso e le nostre menti assimilano in modo differente le parole che diciamo. (omissis)
Nanette era turbata dalle confidenze di Sara, lei desiderava un figlio ma purtroppo con il marito i bambini non erano arrivati, riflettendo adesso su com'era finita la loro storia forse era stato meglio così, il destino era stato clemente con lei.
Nanette era troppo angosciata e persa nei suoi pensieri per ascoltare le confidenze dell'amica, così quando vide arrivare la zia si avviò verso di lei e lasciò l'amica da sola. Sara si tuffò in piscina e si mise a giocare con i bambini, almeno per il momento poteva consolarsi nel ruolo di "zia".
«Zia Bianca ben arrivata, ci hai portato qualche bella novità? Hai trovato del materiale nel garage?»
«Sono andata a cercare in garage dove conservavo ancora qualche vecchia scatola della nonna e ho trovato dei vecchi indumenti del corredo, lenzuola in lino pesantissime, vecchi asciugamani… dovrò decidermi a fare pulizia ed eliminare tutta quella roba! Ho messo tutto dentro a dei sacchi della spazzatura, appena ho un po' di tempo li porto all'eco centro, però c'era anche questo vecchio quaderno. Iniziamo da qui.»
Entrambe erano in preda a una inquietudine incontrollabile.
Felicina - Castello di Tortona, Piemonte 1920
Felicina non sapeva cosa dire, era piuttosto timida, non era abituata a parlare con degli sconosciuti e soprattutto con dei meridionali.
Felicina era seduta sotto un ciliegio assorta nei suoi pensieri. Sulle colline circostanti si intravedeva ancora qualche sprazzo di neve che un tiepido sole primaverile aveva iniziato a sciogliere e nei prati iniziavano a spuntare i primi fili d'erba. Era una bella giornata.
Felicina era la figlia del Fattore del Conte Carlo, una ragazza di vent'anni, prosperosa, con due occhi azzurri come il cielo che riflettevano un'anima sensibile, i capelli castani raccolti in una coda di cavallo e la pelle bianca come il latte. Il padre adorava la figlia e desiderava che si maritasse con un bravo giovane del suo paese.
Pasquale la scrutò per un lungo tempo, poi si avvicinò. Felicina ebbe un sussulto, non aveva mai visto quel giovane al castello e ne rimase sorpresa. Si alzò di scatto e indietreggiò.
«Buongiorno signorina, scusate il disturbo, mi presento, sono Pasquale l'accompagnatore del Cavaliere Emanuele ospite del Conte.»
«Buongiorno Signor Pasquale…»
Felicina non sapeva cosa dire, era piuttosto timida, non era abituata a parlare con degli sconosciuti e soprattutto con dei meridionali.Rimase colpita dal colorito scuro della sua pelle, dai suoi occhi neri, dai capelli scuri arricciati e dai muscoli possenti che si intravedevano sotto la camicia bianca. Pasquale rimase colpito dall'azzurro dei suoi occhi, dal suo fisico rotondetto ma attraente, il colorito chiaro della sua pelle contrastava con il suo: come il latte e il cioccolato.
Sull'albero di ciliegio erano spuntate le prime gemme, preludio della primavera e dei dolci frutti che sarebbero cresciuti.
«E voi come vi chiamate?» chiese Pasquale
«Sono Felicina, la figlia del fattore.»
«Che strana coincidenza, anche io sono figlio del gabellotto del Cavaliere e mi occupo, insieme a mio padre, della gestione dei mezzadri e della rendicontazione delle entrate e delle spese. Sono abbastanza bravo con i numeri e mio padre mi affida sempre l'incarico di redigere il rendiconto annuale.»
«Adesso devo proprio andare, mia madre mi aspetta per le faccende pomeridiane.
È stato un piacere conoscervi e magari ci incontreremo ancora nei prossimi giorni.»
«Se avrete un po' di tempo potreste accompagnarmi a visitare le Vostre campagne, mi farebbe piacere vedere la tenuta e quali sono le Vostre colture e magari riportare qualche nuova semenza a mio padre.»
«Molto volentieri vi accompagnerò, se mio padre mi concederà il permesso.»
«A presto allora e buon lavoro.»
Pasquale si sedette sotto il ciliegio continuando a ripensare al sorriso dolce di quella ragazza e a perdersi in quegli occhi dal colore del mare. (omissis)
Pasquale tutti i pomeriggi andava verso il ciliegio nella speranza di rivederla, se la scorgeva seduta rimaneva a osservarla da lontano, guardava come si muoveva o quando, sdraiata sul prato, arrotolava l'erba intorno alle dita per poi sfilarne lentamente un pezzetto e succhiarne la radice.
L'inaugurazione era fissata per fine maggio. Pasquale andò dal Cavaliere.
«Vossia, se posso permettermi avrei da chiedervi un grande favore: potrei portare Felicina ad assistere al Vostro concerto nella chiesa?»
Il Cavaliere sorrise. «Pasquale, credo che quella ragazza dagli occhi azzurri abbia colpito il tuo cuore. Farò in modo di riservarvi due posti nelle prime file, così che possiate ascoltare meglio la musica.»
Quel pomeriggio Pasquale corse a cercare Felicina e la trovò, come sempre nelle prime ore pomeridiane, seduta sotto il ciliegio.
Quando lo vide arrivare, uno strano formicolio le salì dallo stomaco fino al viso e cominciò a ridere. Più Pasquale si avvicinava, più lei rideva.
«Cosa avete signorina da ridere così tanto, per caso sono io che vi faccio ridere? Vi sembro bizzarro?»
No… al contrario, sono contenta di vedervi. Quando qualcosa mi fa piacere mi viene sempre da ridere. Forse siete Voi che mi trovate bizzarra.»
«Quando ridete siete ancora più bella e i Vostri occhi si illuminano di una luce profonda e contagiosa. Anche a me adesso viene da ridere.»
Felicina era così bella quando rideva, con la fossetta che le si formava all'angolo del labbro, con quel suo vestitino con le maniche corte che lasciava le braccia scoperte, così aggraziate.
Continuarono a ridere gioiosamente finché non ebbero più fiato. Poi Pasquale disse: «Vi cercavo perché ho chiesto al Cavaliere se fosse possibile farvi partecipare alla cerimonia la prossima domenica nella chiesa in cui lui suonerà. Mi ha promesso che ci farà riservare dei posti nelle prime file. Allora mi chiedevo se, con il permesso di Vostro padre, poteste farmi l'onore di accompagnarmi».
Felicina andrà ad assistere alla cerimonia insieme a Pasquale ?
L'inaugurazione era fissata per fine maggio. Pasquale andò dal Cavaliere.
«Vossia, se posso permettermi avrei da chiedervi un grande favore: potrei portare Felicina ad assistere al Vostro concerto nella chiesa?»
Il Cavaliere sorrise. «Pasquale, credo che quella ragazza dagli occhi azzurri abbia colpito il tuo cuore. Farò in modo di riservarvi due posti nelle prime file, così che possiate ascoltare meglio la musica.»
«Dio vi benedica e io vi ringrazio profondamente, sempre Vostro devoto servitore.»
Quel pomeriggio Pasquale corse a cercare Felicina e la trovò, come sempre nelle prime ore pomeridiane, seduta sotto il ciliegio. Quando lo vide arrivare, uno strano formicolio le salì dallo stomaco fino al viso e cominciò a ridere. Più Pasquale si avvicinava, più lei rideva.
Sono io che vi faccio ridere? Vi sembro bizzarro?»
«No… al contrario, sono contenta di vedervi. Quando qualcosa mi fa piacere mi viene sempre da ridere. Forse siete Voi che mi trovate bizzarra.»
«Quando ridete siete ancora più bella e i Vostri occhi si illuminano di una luce profonda e contagiosa. Anche a me adesso viene da ridere.»
Felicina era così bella quando rideva, con la fossetta che le si formava all'angolo del labbro, con quel suo vestitino con le maniche corte che lasciava le braccia scoperte, così aggraziate.
Continuarono a ridere gioiosamente finché non ebbero più fiato. Poi Pasquale disse: «Vi cercavo perché ho chiesto al Cavaliere se fosse possibile farvi partecipare alla cerimonia la prossima domenica nella chiesa in cui lui suonerà. Mi ha promesso che ci farà riservare dei posti nelle prime file. Allora mi chiedevo se, con il permesso di Vostro padre, poteste farmi l'onore di accompagnarmi».
«Ne sarei lusingata, però dovete chiedere Voi il permesso a mio padre, dirò alla mamma di invitarvi dopo cena a casa nostra in modo che possiate parlare liberamente con lui.»
Sentiva una strana attrazione verso quel giovane, anche se non sapeva bene cosa fosse.
«Aspetterò con ansia una Vostra risposta.»
Felicina, rientrata a casa, trovò la madre seduta al tavolo della cucina intenta a spuntare le cime dei cavolfiori per la cena. Aveva il viso rosso dall'eccitazione per la richiesta di Pasquale e subito le comunicò la proposta.
Omissis .....
La ragazza origliava nascosta dietro lo stipite della porta e pregava che il padre acconsentisse.
La madre entrò nella sala da pranzo e lanciò un'occhiata diretta al marito che significava "non fare troppo il difficile, è solo un invito in chiesa, poi vedremo".
Il padre colse l'occhiata della moglie, si girò verso la porta e chiamò la figlia, che entrò con la testa bassa.
«Mia cara figliola, a te farebbe piacere andare alla cerimonia accompagnata dal Signor Pasquale?»
«Oh padre, per me sarebbe un vero onore poter assistere alla messa e vedere il nostro amato Re.»
«E va bene, per questa volta hai il mio permesso.»
«Grazie padre.» Corse verso di lui e gli diede un bacio sulla fronte.
Pasquale li ringraziò e si accomiatò.
Omissis ....
Al termine della messa il Cavaliere iniziò a suonare mentre il coro cantava: Bach, Vivaldi, il Salve Regina di Mozart.
Concluso il concerto tutti si alzarono in piedi e un lungo applauso si levò in suo onore. Il Cavaliere scese la scala e andò a stringere la mano al Re che si congratulò con lui per la splendida performance. Infine il sovrano e le autorità uscirono dalla Cattedrale: tutti i nobili si sarebbero ritrovati per il pranzo in un salone appositamente allestito nella sede del Municipio.
Felicina cercava di individuare i suoi genitori in mezzo alla folla, vide solo la madre, mentre il padre, incollerito e nervoso nel vedere la sua figliola insieme a quel Pasquale, si era rifiutato di entrare nella Cattedrale rifugiandosi in una locanda a bere del vino per scacciare i pensieri.
Felicina quella notte non riuscì a dormire, pensava a Pasquale, al Re, al concerto, mai aveva provato tante emozioni tutte insieme.

Il pomeriggio successivo Pasquale si avvicinò al ciliegio in sella a un cavallo che aveva recuperato nella scuderia del Conte.
«Se mi date il permesso, possiamo andare a fare un giro sul mio cavallo.»
«Ma io non so andare a cavallo.»
«Montate davanti a me, mettete un piede qua e ora uno slancio… brava! Io starò dietro di Voi, appoggiatevi a me con la schiena.»
Felicina sentì il suo torace, il sudore le colava lungo la schiena ed era a contatto della sua camicia, la testa le girava. Non dissero una parola, il vento si infilava tra i capelli. Fecero il giro della collina in mezzo ai vigneti e quando scesero da cavallo Pasquale l'attrasse a sé, le prese il viso tra le mani e le diede un lungo bacio, arrotolando le loro lingue. Felicina schiuse dolcemente le labbra e si lasciò baciare.
Con gli occhi chiusi si staccò da lei e guardandola le chiese: «Vi piacerebbe venire in Sicilia con me? Vorrei sposarvi, sempre che Vostro padre acconsenta.»
Ormai era certo, si era perdutamente innamorato di lei.
Felicina rimase colpita da quella richiesta, le gambe iniziarono a tremare, dovette appoggiarsi al ciliegio per non cadere, era la prima volta che baciava un ragazzo e non aveva ancora interiorizzato l'emozione che aveva provato, e le aveva anche chiesto di sposarla.
